“Cyberterrorism Is Country's Biggest Threat” – così Obama, il Presidente degli Stati Uniti, esordisce durante l’ultimo incontro sulla sicurezza alle Nazioni Unite L’allerta è tornata di nuovo alta dopo gli attentati che hanno colpito in Francia il settimanale satirico Charlie Hebdo, e le continue “provocazioni” dell’ISIS. Proprio per questo motivo, il governo USA ha scelto di prendere delle contromisure specifiche, controllando la rete, per debellare i cyberattacchi. I “CyberWarriors” sono i soldati della rete con il compito di difendere la Nazione, difendere il DOD Information Networks, supportare gli altri combattenti. La rete resta uno dei pochi strumenti non controllabile dai governi, infatti la Jihad utilizza tale mezzo di comunicazione per trovare nuovi adepti, o addirittura utilizzare i social network per organizzare attentati. “Questo è quello che è successo qualche mese fa”, ha rivelato un rapporto stilato dalla Camera dei Comuni di Westminster, l’ala bassa del parlamento del Regno Unito, che ha appunto analizzato la vicenda del soldato Lee Rigby, ripresa persino da alcune telecamere e che sconvolse il mondo intero. Cinque mesi prima dell’attentato di Woolwich, uno dei due, Michael Adebowale, aveva infatti scritto su Facebook che avrebbe voluto uccidere un militare in un modo “sorprendente”. Il soldato Lee Rigby oggi avrebbe potuto essere ancora vivo, se solo Facebook avesse passato all’intelligence britannica il contenuto di alcune chat in cui uno dei due assaltatori annunciava l’attentato. Il profilo di Adebowale, tuttavia, secondo le ricostruzioni del comitato, era stato in precedenza bloccato proprio per contenuti legati al terrorismo, poi ripristinato, ma la vicenda non era arrivata alle pur attente orecchie dei servizi di intelligence del Regno Unito.
Facebook ha affermato di non essere a conoscenza di tali messaggi, ha però deciso comunque di istituire un organo interno che filtri le comunicazioni tra utenti, segnalando eventuali utilizzi di parole legate al terrorismo o alla Jihad. Anche in Italia si è pensato di rafforzare l’intelligence che mira a prevenire attacchi informatici e a controllare i contenuti della rete. “Adozione condivisa di procedure d’intervento e di scambio di informazioni utili alla prevenzione e al contrasto degli attacchi informatici di matrice terroristica e criminale”. È questo il cuore dell’accordo sottoscritto qualche giorno fa a Roma tra Vodafone e Polizia di Stato, rappresentate rispettivamente da Stefano Bargellini – Head of Safety, Security and Facilities di Vodafone Italia – e dal Capo della Polizia Alessandro Pansa. Dal cybercrime in senso più ampio fino al cyberterrorismo, la materia è sempre più di attualità. A occuparsene in questo caso sono gli specialisti del Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche (C.N.A.I.P.I.C.) della Polizia Postale e delle Comunicazioni. Supportati, appunto, anche dal know-how e dalla rete Vodafone, da sempre attentissima alla sicurezza. La sinergia tra Vodafone e Polizia di Stato ha preso ufficialmente il via il 20 gennaio 2010, con la messa in atto del decreto del Ministro dell’Interno “che ha individuato le infrastrutture critiche informatizzate di interesse nazionale, ovvero i sistemi ed i servizi informatici o telematici, gestiti da enti pubblici o società private, che governano i settori nevralgici per il funzionamento del Paese”.