Si parla sempre più spesso di rivoluzione digitale, ma sono tanti i miti da sfatare per ottimizzare il binomio uomo-tecnologia. Da solo l’hi-tech non basta per rivoluzionare il sistema aziendale, serve soprattutto una cultura organizzativa che sia compatibile con le potenzialità che ci offre la tecnologia. Le risorse umane e quelle tecnologiche spesso non obbediscono a logiche omogenee tra loro. Gli ostacoli che le imprese incontrano in questo fondamentale percorso di sincronizzazione uomo-macchina sono molti. Quelli che appaiono più difficili da sradicare, risiedono in tre grandi miti da sfatare:
Meglio soli che male accompagnati. In molti contesti aziendali è ancora radicato il concetto che accentrare la gestione delle attività, sia la strategia migliore per arrivare il prima possibile all’obiettivo. L’evidenza però dimostra che senza una cultura organizzativa predisposta alla collaborazione uomo-tecnologia, le potenzialità del digitale restano inespresse. Il rischio è basarsi su un approccio obsoleto che allontana dalle logiche di mercato più evolute.
Chi sbaglia paga. Information technology significa, per lo più, procedure dettate dall’alto che non ammettono indecisioni o variazioni. Aprirsi alla cultura digitale significa accettare il rischio dell’errore e orientare i colleghi all’avventura della sperimentazione. Nel grande campo della rivoluzione digitale siamo tutti inesperti. Più che tollerare gli errori dei collaboratori dovremmo spingerli a sbagliare e aiutarli a capire come non farlo più.
Divertirsi sul lavoro è inaccettabile. “Scegli il lavoro che ami e non lavorerai nemmeno un giorno in vita tua”. L’ hi-tech contente alle aziende che sposano tale approccio innovativo, di lavorare divertendosi. In assenza, ci si trova a scontrarsi con vecchie routine operative che costringono a una noiosa ripetitività̀, riducendo notevolmente la produttività.
In conclusione senza una corretta predisposizione collaborativa e orientata al cambiamento, anche la migliore infrastruttura tecnologica serve a poco.