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SMART WORKING: qualche approfondimento sui veri obiettivi del lavoro flessibile
Smart Working è una delle parole che sicuramente avrete sentito di più in questi giorni di emergenza sanitaria legata al nuovo Coronavirus. Molti lo definiscono anche “lavoro agile” oppure “lavoro flessibile”, ciononostante la sostanza è sempre quella: lavorare da casa. Il concetto di lavoro agile ricomprende molteplici aspetti, si passa dalla flessibilità dell’orario e del luogo della prestazione lavorativa fino a forme di welfare aziendale per facilitare i lavoratori genitori o impegnati in forme di assistenza parentale. Con tale procedura, si possono raggiungere diversi obiettivi… ma tre sono le parole chiavi: “Conciliare, innovare e competere”. Fondamentalmente, sono questi i tre diversi obiettivi dello smart working, che si configura come un nuovo approccio all’organizzazione aziendale, in cui le esigenze individuali del lavoratore si contemperano, in maniera complementare, con quelle dell’impresa. Detto ciò è chiaro che Il lavoro agile funziona solo con un’efficace pianificazione da parte del lavoratore e dell’azienda. Ogni lavoratore deve essere organizzato e trovare in casa un angolo per una postazione di lavoro tranquilla, è pure indispensabile (e non scontata) la collaborazione del coniuge. Le aziende d’altra parte devono offrire ai dipendenti strumenti tecnologici per poter lavorare anche da remoto e accompagnare i lavoratori in questo percorso. Alla luce di tutte queste considerazioni, emerge che da un lato le aziende dovrebbero impegnarsi ad accogliere questo nuovo modello organizzativo partendo dalla formazione manageriale, per far si che i manager siano portatori e sostenitori del cambio culturale. Dall’altro i lavoratori non dovrebbero temere di rivedere e stravolgere il concetto “classico” di giornata lavorativa con orari e postazione fissa. La tecnologia oggi ci permette di lavorare dove e quando vogliamo e le aziende che vogliono ottenere il successo e la soddisfazione dei propri dipendenti, non devono sottovalutare quest’enorme potenziale.

Intelligenza artificiale VS intelligenza emotiva: contano più le competenze o i sentimenti?
L’evoluzione del mondo passa attraverso le idee, vero capitale della società, e attraverso la loro trasformazione in azioni concrete. Colui che sia in grado di avere un’intuizione, incanalarla e divulgarla divenendo un modello per gli altri, rappresenta il “Nuovo Eroe” dei nostri tempi, che grazie alla sua spiccata sensibilità è in grado di trasformare i problemi in soluzioni. Si discute molto su quali attività resteranno sotto il dominio umano e quali saranno delegate alle macchine grazie all’automazione. Certo è che le macchine non sono (ancora) in grado di emulare comportamenti come gestire relazioni, comprendere contesti, l’umore di una persona o provare empatia per il prossimo. Le decisioni umane sono costantemente influenzate da errori sistematici e pregiudizi irrazionali. Talvolta possono subentrare emozioni profonde e incontrollabili; è quindi compito di ogni azienda focalizzarsi sullo sviluppo delle soft skills dei propri dipendenti, nessuno escluso, per limitare situazioni negative ed i livelli di stress in contesti aziendali talvolta imprevedibili. Le skills “trasversali” di natura cognitivo-relazionale e comunicativa sono i cardini per orientare le persone verso un risultato efficiente ed efficace. Avere la capacità di accedere alla sfera emotiva della persona che si ha di fronte ed “entrare nei panni dell’altro” aiuta a gestire le obiezioni a favore delle relazioni stesse. Per tale motivo, prima di vagliare progetti di cambiamento organizzativo investendo in software d’avanguardia e in nuove tecnologie, è interesse delle aziende investire in quelle competenze più autentiche ed inimitabili dei propri dipendenti. Vita tua, vita mea. Perdere qualcosa ci fa stare male il doppio rispetto all'ottenere qualcos'altro, per questo siamo avversi al rischio. Con dei piccoli incoraggiamenti, spinte gentili che possono essere ad esempio ridurre il numero di scelte o cambiare l'ordine di alcune opzioni, possiamo quindi influenzare positivamente il comportamento di chi ci circonda. Portandole a compiere le decisioni migliori, orientiamo in primis noi stessi verso la soluzione vincente!

Big Data: cosa sono e perché sono così importanti
Negli ultimi anni l'espressione Big Data è entrata in modo prepotente nella vita delle aziende di tutto il mondo. Con questo termine ci si riferisce ad un grande volume di dati, strutturati o strutturabili, in tabelle tra loro relazionabili e che sommergono quotidianamente un'azienda. Ciò che conta davvero non è la mole di dati posseduta ma come questi vengono impiegati: possedere big data significa analizzarli per raccogliere le informazioni necessarie a prendere le migliori decisioni aziendali. Perché i Big Data sono importanti? L'importanza dei big data dipende solo dal loro utilizzo, aziende ed enti possono raccogliere dati da qualsiasi fonte ed analizzarli per trovare risposte che permettono di: tagliare i costi, ridurre i tempi, sviluppare nuovi prodotti, ottimizzare l'offerta e prendere decisioni più consapevoli. Quando ai Big Data si uniscono anche gli Analytics è possibile: • Determinare, quasi in tempo reale, le cause di disfunzioni, guasti o difetti; • Creare offerte nei punti vendita basate sulle abitudini dei clienti; • Ricalcolare interi portafogli di rischio in pochi minuti. I vantaggi dei Big Data Analytics: come e perché possono aiutare il business… I benefici che l’analisi big data può dare sono molteplici. Di seguito ne ricordiamo i principali in ordine di profittabilità per il business: Aumentare il fatturato: a volte bastano i soli dati sintetizzati in una semplice analisi quantitativa per far crescere una vendita, valutare la dimensione di un mercato, arricchire un profilo-cliente, calibrare la gestione di un account. Prevedere lo sviluppo della domanda: l’analisi di big data estranei a ciò che riguarda la vendita dei prodotti dell’azienda può essere utile per rilevare gli interessi dei potenziali clienti. Potenziare l’account management: è possibile raccogliere le informazioni su ciò che fanno i clienti al di fuori del rapporto di business in essere.
