Gli SSD (solid state disk = hard disk a stato solido) sono stati di recente la rappresentazione dell’innovazione più grande per quanto riguarda la risoluzione del problema del collo di bottiglia di ogni personal computer, server o workstation, rappresentato dall’hard disk, su cui risiedono sistema operativo e programmi di utilizzo comune. Se da un lato il miglioramento prestazionale di una macchina, passando ad una soluzione SSD, è alquanto evidente, questa nuova tecnologia porta con se due problemi: costo elevato e ridotte capacità di storage rispetto ai dischi tradizionali. La soluzione a questo problema è arrivata da una nuova tecnologia: 3D V-Nand sviluppata in primis dalla napoletana Micron/Intel e dal colosso Samsung. Andiamo a descrivere la tecnologia: immaginate una cella V-Nand come un appartamento in cui memorizziamo un bit d’informazione. I primi SSD in commercio e molti di quelli attuali hanno le celle V-Nand disposte in maniera planare quindi immaginatele come villette a schiera, disposte in fila, in maniera matriciale, connesse alle altre con dei cavi (tipo fili del telefono) ed ogni villetta è ad un solo livello ed ha una sola stanza, in cui posso memorizzare la mia informazione, un bit. La tecnologia 3D V-Nand passa ad una soluzione spaziale diversa in cui le celle si dispongono in maniera anche verticale arrivando fino a 32 strati di celle. Immaginare questo tipo di memoria come un quartiere di villette fatto a più livelli verticali in cui ogni pila verticale di villette è connessa all’altra mediante un cavo alla sua sommità (tipo palo del telefono). In questo modo la densità di celle aumenta senza aumentare le dimensioni della base rettangolare dell’hard disk.
Un’altra peculiarità interessante di questo tipo di tecnologia è la riduzione dell’interferenza intercella. Nella vecchia tecnologia, quella planare, in 2D, non era possibile miniaturizzare ancora di molto le celle a causa degli errori dovuti proprio alla miniaturizzazione mentre sviluppando in verticale l’interferenza intercella è ridotta e quindi è possibile aumentare la densità di celle per pollice quadrato riducendo la grandezza fisica delle celle. Infine, con questa nuova tecnologia, a parità di prestazioni, si ottengono hard disk a stato solido che consumano meno energia rispetto alle tecnologie precedenti, fattore che rende molto “green” questa innovazione. I vari competitors già hanno messo sul mercato dei componenti di questo genere ma per arrivare ad ottenere seri benefici dovremmo aspettare almeno un paio d’anni. Un giorno, nemmeno tanto lontano, potremmo avere nei nostri pc SSD da 10 TB al costo degli attuali dischi tradizionale da 4 TB, con prestazioni da capogiro e prezzi contenuti.