Alla WWDC16 Apple ha presentato, un po’ in sordina perché si tratta di un argomento in realtà molto tecnico, un nuovo file system. Ovverosia, della tecnologia che viene utilizzata per controllare il modo con il quale i dati vengono scritti e letti sul supporto di memoria. Si tratta di una tecnologia centrale per ogni grande piattaforma: quando si “formatta” ad esempio un disco esterno o una chiavetta di memoria (ma anche il disco interno del computer) in pratica lo si prepara ai futuri usi di lettura e scrittura dei dati scegliendo una tecnologia in particolare: come disegnare i quadretti su un foglio bianco per poi poterlo utilizzare per scopi diversi. Apple come Microsoft nel tempo ha sviluppato versioni e generazioni diverse di file system, anche perché la dimensione dei supporti di memoria e dei documenti da leggerci e scriverci sopra nel tempo è cambiata in maniera drastica. Windows utilizzava il sistema Fat (nato nel 1977) nelle varianti a 8, 12, 16 e 32 bit, poi il sistema NTFS (più performante usato con Windows NT dal 1993) e poi exFAT, utilizzato con i sistemi operativi più recenti. Linux e Unix hanno anche loro diverse generazioni di file system dietro le spalle. Apple storicamente ha avuto tre file system su Mac: MFS (del 1984, utilizzato per poco tempo) HFS (1985) e HFS+. Nel 1988 è nato Hierarchical File System Plus o Mac OS Extended) poi aggiornato nelle varianti “journaled” o “non journaled”, che permette di avere file più grossi e maggiore spazio su disco indirizzabile. La spiegazione, se vogliamo scendere in maggior dettaglio, rischia di diventare davvero complessa, anche perché il modo con il quale le informazioni sono organizzate in un file system può cambiare, e per Apple questi diversi meccanismi servono ad esempio a rendere avviabile un disco su architettura PowerPC oppure su Intel x86. Ma non ci dilunghiamo. La nota importante da segnarsi è che il file system di Apple era particolarmente vecchiotto e con un sacco di problemi dovuti fondamentalmente al cambiamento di tecnologie e usi del computer. Apple aveva flirtato con il file system ZFS (“Zettabyte File System”) progettato da Sun Microsystems e destinato al loro sistema operativo server Solaris e poi OpenSolaris. L’acquisizione da parte di Oracle ha rotto la magia e hanno dissuaso Apple dall’opportunità di utilizzare questo sistema che aveva forti vantaggi. Il primo è sicuramente un modello di scrittura sicura dei dati e di ottimizzazione dei media di archiviazione che considera le peculiarità dei sistemi SSD rispetto agli HDD. Poi gli snapshot, la dimensione variabile dei blocchi, i pool dello storage e infine gli snapshot del contenuto. Dopo la perdita di ZFS, Apple ha lavorato in silenzio ad un’alternativa, infatti è nato APFS con tre caratteristiche salienti. Funziona ottimamente su tutti i tipi di apparecchi (per iOS, OS X, tvOS e watchOS), ha la crittografia incorporata per garantire il massimo della sicurezza e privacy, ha gli snapshot incorporati per garantire il massimo di backup e versioning dei documenti. La funzionalità denominata “Space Sharing” dovrebbe consentire a file system multipli di condividere gli stessi blocchi di storage; sarà possibile ridimensionare un volume senza ripartizionarlo e sfruttare le funzionalità di cloning copiando i contenuti su un diverso dispositivo tenendo conto delle sole modifiche effettivamente apportate. La Developer Preview dell’Apple File System è integrata nella beta di OS X 10.12 (denominato macOS Sierra); il formato per la gestione di dischi e volumi APFS potrebbe cambiare; non è al momento prevista una implementazione open source; Apple pubblicherà la documentazione dettagliata quando il sistema sarà rilasciato in versione definitiva nel 2017.
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